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LE NORME SPAZZACORROTTI APPAIONO NON CONVENZIONALMENTE ORIENTATE?

25 Marzo 2019
Avv. Marco Vianello  
C’è chi ha sostenuto che l'art. 6, comma 1, lett. b), legge 9 gennaio 2019, n. 3, nella parte in cui ha inserito i reati contro la pubblica amministrazione tra quelli "ostativi" alla concessione di alcuni benefici penitenziari, ai sensi dell'art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, sia in contrasto con gli artt. 3, 24, 25, comma secondo, 27, comma terzo, e 117 Cost., 7 CEDU, nella parte in cui non prevede un regime intertemporale.
La Cassazione, recentemente investita della questione con sentenza 14 marzo 2019 (Cas., sez. VI pen., 14.3.2019, n. 12541, imp. M.F.), premesso che l'art. 322-quater cod. pen., introdotto con la legge 27 maggio 2015, n. 69, prevede che "con la sentenza di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321 e 322-bis, è sempre ordinato il pagamento di una somma equivalente al prezzo o al profitto del reato a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno" (prima della modifica di gennaio 2019 la norma prevedeva la restituzione di “quanto indebitamente ricevuto”), si è espressa, rilevando:
  • Stante la natura latu sensu punitiva della riparazione pecuniaria, la relativa applicazione - in assenza dei presupposti di legge - è certamente riportabile all'alveo della "pena illegale", dando, dunque, luogo ad vizio coltivabile dinanzi a questa Corte ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.”
  • ritiene il Collegio - condividendo l'assunto difensivo - che detta espressione debba ritenersi riferita al provvedimento conclusivo del giudizio ordinario o abbreviato, ma non anche alla sentenza di applicazione della pena che, nel prescindere dall'accertamento positivo della penale responsabilità dell'imputato e giusta l'espressa previsione dell'art. 445, comma 2, cod. proc. pen., è "solo" equiparata ad una pronuncia di condanna
e, pertanto, ha affermato il seguente principio di diritto: “in tema di reati contro la pubblica amministrazione, il patteggiamento di una pena detentiva anche nella forma c.d. allargata preclude l'applicazione della riparazione pecuniaria di cui all'art. 322-quater cod. pen., presupponendo essa la pronuncia di una sentenza di "condanna" propriamente detta, cioè resa a seguito di rito ordinario o abbreviato”.
Quanto agli aspetti intertemporali della norma in esame, la Corte, pur non ritenendo la questione rilevante nel caso di specie, né riconoscendo la propria competenza, riguardando aspetti dell’esecuzione della pena, pertanto, prospettabili al Giudice dell’esecuzione, ha ricordato come la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo oramai sia orientata verso un’interpretazione sostanzialistica della sanzione, alla sua durata, alla natura, al grado di afflittività. In sostanza, secondo la Corte EDU non importa il nome con il quale il legislatore locale ha inteso etichettare la sanzione, bensì quanto la stessa abbia in sostanza natura di pena (si ricordi una per tutte: Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 4 marzo 2014 - Ricorso n. 18640/10 - Grande Stevens e altri c. Italia, la quale ha affermato il principio del divieto di doppia sanzione – amministrativa e pecuniaria – per la medesima violazione, principio poi in parte mitigato e precisato in decisioni successive).
Nel caso di specie, in realtà, trattasi di aspetti che, attenendo all’esecuzione della pena, dovrebbero essere prevedibili dall’imputato al momento delle scelte procedimentali (per esempio orientandosi al cd. Patteggiamento), non essendo ammissibile che l’ordinamento “a sorpresa” possa applicare sanzioni, anche soggettivamente molto afflittive (nel caso di specie di trattava di euro 330.000 da versare a titolo di riparazione pecuniaria).
In pratica la lucida decisione della S.C. ha illuminato almeno due aspetti utili: l’art. 322-quater cod. pen, laddove impone la riparazione pecuniaria, non è applicabile in caso di cd. Patteggiamento e in sede esecutiva possono essere sollevati, non apparendo la questione manifestamente infondata, aspetti di costituzionalità o difformità rispetto ai principi CEDU.
Come talvolta accade il legislatore non tiene nel debito conto l’armonizzazione sistemica, anche in casi, come questo, dove sarebbe stato sufficiente la previsione di una norma transitoria.
Venezia, 25 marzo 2019                                                            

Da Marco Vianello
Avvocato in Venezia e Treviso
marcovianello@ticosoci.it
www.ticosoci.it
 
 
La sentenza segnalata si rinviene in http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20190320/snpen@s60@a2019@n12541@tS.clean.pdf

P
S: nel frattempo è intervenuta la decisione 27 marzo 2019 della Corte d'Appello di Milano sul noto caso Formigoni (che si pubblica qui), che pone il medesimo problema del diritto intertemporale.
PPS: e fioccano anche i rinvii alla Corte costituzionale, come nel caso del Gip di Napoli e della Corte d'Appello di Lecce (http://www.giurisprudenzapenale.com/2019/04/05/la-spazzacorrotti-finisce-alla-consulta-il-gip-di-napoli-e-la-corte-di-appello-di-lecce-sollevano-questione-di-legittimita-costituzionale/), ma anche recentissimamente il Tribunale di Sorveglianza di Venezia (http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/pavarin-qlegge-spazza-corrotti-incostituzionaleq)